Al confine tra Logudoro e Gallura e avviluppato a 200 metri di altitudine nella valle formata dai monti Limbara e Lerno, il comune di Oschiri fa parte della subregione del Monteacuto. Alle tracce di carattere archeologico e alle importanti testimonianze religiose del periodo medioevale si somma un ambiente incontaminato che ne fa meta ideale per gli amanti della natura e dell’aria pulita. Le rocce di natura granitica, rese scenografiche dal vento, si alternano alla rigogliosa vegetazione, composta da macchia alta, come leccio, lentisco e ginepri, e bassa, tra mirto, ginestre e rosmarino. La zona può essere tranquillamente raggiunta tramite un traghetto per le principali città sarde e poi in auto.
È un territorio ideale per gli amanti dell’escursionismo, che possono intraprendere spettacolari percorsi a piedi o in bici nella foresta demaniale Su Filigosu, dove non è raro incontrare animali. Cinghiali, cervi sardi, daini, mufloni trovano il loro habitat ideale, anche perché il territorio, ricco di diverse varietà di funghi, è attraversato da tanti corsi d’acqua a regime torrentizio. Per questo nel 1927 si decise di creare qui il Lago Coghinas, bacino artificiale del fiume omonimo, dove, oltre alla pesca, è possibile usufruire dei servizi del centro velico e del punto noleggio canoe.
Punti di osservazione privilegiata per osservare la diga del bacino sono i numerosi nuraghi, costruiti sempre nelle alture per garantire il controllo del territorio. Si segnalano quelli di Monte Uri, Su Chilchinu e Lu Nuraconi, mentre la località Su Romasinu è interessata dalla presenza di numerose domus de janas. Ma la testimonianza preistorica più suggestiva è l’altare rupestre di Santo Stefano, che gli studiosi non sono ancora riusciti a decifrare. Il masso, nel quale sono scolpite nicchie di varia profondità e diversa forma, fu riutilizzato in epoca bizantina con accorgimenti cristiani, senza alterare la pace assoluta che il luogo regala.
Rimanendo in ambito religioso una citazione speciale merita la chiesa di Nostra Signora di Castro, realizzata alla metà del XII secolo in stile romanico-lombardo. La facciata, con blocchi ben squadrati in trachite rosa, è sormontata da un campanile a vela, mentre l’aula è mononavata con copertura lignea. Allo stesso periodo risalgono gli altri edifici di culto di Nostra Signora di Othi, San Demetrio e San Pietro, così come il castello di Castro, di cui però restano solo rovine, situato in una zona già frequentata dall’età romana.
In una piccola valle, isolata tra le montagne e nascosta da qualsiasi punto di osservazione, si cela l’antica frazione di Su Noduladu. Al termine di un percorso lungo e accidentato si arriva all’agglomerato, dove ormai restano solo le mura perimetrali delle vecchie abitazioni. La comunità era talmente isolata che sviluppò un dialetto locale. L’atmosfera di piccola e austera società si respira comunque anche nel centro storico, la cui particolarità urbanistica ne fa un esempio di architettura rurale, tra strette stradine e case basse.
Viuzze e piazze si popolano ad agosto in occasione della Sagra della panada, ormai diventata un classico del paese. Simbolo di prosperità e benessere, è una sorta di torta salata ripiena di carne o pesce, ed eventualmente di verdure, chiusa a mano artigianalmente e cotta al forno. Un piatto dal consistente contenuto proteico che un tempo era prerogativa della domenica e delle feste, ma che rappresentava anche il dono per antonomasia. Oggi gli oschiresi rinnovano tale tradizione con un evento gastronomico che offre questa eccellenza a tutti coloro che vogliono concedersi un peccato di gola senza rinunciare alla genuinità.